Cos'è la meditazione Vipassana

 COS’È LA MEDITAZIONE VIPASSANĀ

La tecnica di meditazione Vipassanā non richiede alcun tipo di accettazione religiosa o dogmatica, ma solo esperienza pratica e diretta. Essa fu sviluppata 2500 anni fa dal Buddha e è stata mantenuta integra nella sua purezza originale attraverso una lunga catena di insegnamenti diretti. Questa pratica ci permette di confrontarci con i nostri bisogni e conflitti, riducendo progressivamente la quota di sofferenza inutile e l’ignoranza da cui sono generati e che essi stessi generano, mentre al tempo stesso rimaniamo pienamente coinvolti nelle relazioni umane e nella natura mutevole della vita. È una tecnica volta alla purificazione ed affinamento di ciò che chiamiamo “mente pura”, dapprima attraverso la pratica della concentrazione e, successivamente, attraverso la pura osservazione dei nostri processi fisici e mentali.


COME SI SVOLGE UN RITIRO DI VIPASSANĀ

Nei primi 3 giorni ci eserciteremo ad una sempre più profonda osservazione delle sensazioni connesse al processo di inspirazione ed espirazione, focalizzando l’attenzione sul punto di contatto dell’aria all’ingresso delle narici (Anapanasati). Nei 7 giorni successivi utilizzeremo il grado di concentrazione mentale così raggiunto per penetrare progressivamente nel nostro corpo-mente, sviluppando, attraverso l’esperienza diretta, una più profonda comprensione della realtà (Vipassanā). Dieci giorni sono considerati il tempo necessario e sufficiente per sviluppare un certo grado di concentrazione e cominciare a comprendere attraverso l’esperienza le implicazioni potentemente rigenerative della tecnica. Per permettere che la mente possa rivolgersi allo sviluppo di concentrazione e conoscenza, è richiesto agli studenti il mantenimento di alcune regole, in assenza delle quali la meditazione Vipassanā diventa difficilmente praticabile.


I CINQUE PRECETTI

  1. Astenersi dall’uccidere o recare danno agli esseri viventi. Si comprende facilmente che fare un corso di Vipassanā con gli studenti impegnati a uccidersi tra di loro non porterebbe lontano. Ma recar danno può essere anche disturbare volontariamente un altro studente nella sua pratica, magari solo per il desiderio di far due chiacchiere, o comportarsi genericamente in modo poco rispettoso delle necessità altrui.
  2. Astenersi dal prendere ciò che non è dato. È qualcosa di più che invitare gli studenti a non rubare. Nell’evitare di prendere ciò che non viene dato volontariamente, sono presenti implicazioni di una certa sottigliezza, riguardanti aspetti dell’avidità che la meditazione Vipassanā aiuterà a comprendere meglio.
  3. Astenersi da uno scorretto uso della parola (mentire, offendere, parlare inutilmente ecc.) Nella parola c’è un grande potere, nel bene e nel male. Usare la parola per rendere la realtà ancora più confusa attraverso l’alterazione della verità, usare la parola per suscitare stati d’animo nocivi in se stessi e negli altri, comporta la presa in carico di una grande responsabilità negativa. Usare la parola in modo futile, comporta il disperdersi di energia, e il diminuire di quella capacità di concentrazione della mente che è lo strumento indispensabile per lo sviluppo di una visione chiara della realtà.
  4. Astenersi da attività sessuali. Il buddismo non è sessuofobico. Semplicemente, l’energia sessuale è molto forte e, una volta risvegliata, genera grande turbamento reciproco fra i sessi, con conseguente perdita di concentrazione, energia e chiarezza, cosa che in un ritiro di Vipassanā rende solo difficile e poco produttivo il ritiro stesso. Il ritiro è volto non a spendere energia all’esterno, ma ad accumulare energia che deve essere utilizzata per osservare più chiaramente noi stessi.
  5. Astenersi dall’uso di sostanze tossiche (alcool, droghe, farmaci non indispensabili inclusi tranquillanti e sonniferi). La meditazione Vipassanā porta all’osservazione della natura del corpo-mente così com’è, e quindi qualsiasi sostanza che eserciti un’azione alterante rende sbilanciato ed improduttivo questo sottile lavoro.


MANTENERE I CINQUE PRECETTI

Una nota di attenzione può essere inserita a questo punto: La meditazione Vipassanā si è dimostrata in un enorme numero di casi una grande risorsa per esseri viventi afflitti da disturbi fisici e mentali di ogni genere. È però sconsigliabile che persone che abbiano sofferto o stiano soffrendo di patologie mentali o fisiche molto gravi affrontino un intensivo di 10 giorni. È meglio che in questo caso provino a sperimentare la tecnica Vipassanā in intensivi brevi di 2 giorni, e solo dopo alcune di queste esperienze, ascoltato il parere degli insegnanti, sperimentino eventualmente un intensivo lungo. È chiaro che è consigliabile mantenere i Cinque Precetti anche al di fuori di un intensivo di meditazione Vipassanā, considerando peraltro che nella vita di tutti i giorni di un laico, bere mezzo bicchiere di vino a tavola o una tazzina di caffè a colazione non costituisce un ostacolo alla pratica, mentre l’abuso di queste sostanze, o l’uso di sostanze realmente tossiche si. Altrettanto può essere detto per l’astensione dalle attività sessuali. Chi fosse portato alla castità può sicuramente mantenere il precetto totalmente, altrimenti, è bene considerare il precetto come un’indicazione di attenzione rispetto allo sviluppo di attaccamenti patologici alla sessualità, così come all’utilizzo della sessualità come strumento che rechi danno fisico o psichico al partner.


I TRE RIFUGI

All’inizio di ogni ritiro l’insegnate richiede quindi agli studenti di aderire ai Cinque Precetti già descritti, con l’impegno di mantenerli per tutta la durata della pratica. Poi, prende assieme a loro i Tre Rifugi: nel Buddha, nel Dhamma e nel Sangha. La presa dei Rifugi non deve essere intesa come uno strano rituale propiziatorio o un atto di fede religioso o qualcosa di simile. È in realtà un aspetto introduttivo ma importante della pratica. Attraverso la presa dei Tre Rifugi, gli studenti orientano la mente verso le qualità espresse simbolicamente dai Tre Rifugi. Le qualità della mente illuminata, libera dall’ignoranza, espresse dal Buddha. Le qualità connesse al riconoscimento e rispetto della verità intrinseca dei fenomeni e delle leggi che li regolano, espresse dal Dhamma. Le qualità della ricerca sincera del conseguimento dell’illuminazione e della fine dell’ignoranza, espresse dal Sanga, cioè dalla Comunità dei praticanti. Più procede l’esperienza dello studente nella tecnica di meditazione, più è facile che l’adesione interna alle qualità descritte diventi più consapevolmente spontanea, risultando a volte un insperato aiuto nel percorso meditativo.

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